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Da un po di tempo ho smesso di scrivere e commentare i libri ed i fumetti che mi capitano tra le mani perchè i fatti della vita mi hanno spinto a parlare d’altro, dopotutto questo è il mio blog, il mio spazio, ed è giusto che lo occupi come meglio credo. Due giorni fa dopo la seconda scossa di terromoto in Emilia che ha provocato ancora diversi morti, avrei voluto parlare un po’ del perchè sia nella prima ondata del sisma che nella seconda i morti si contano, per la stragrande maggioranza tra gli operai che lavoravono nei capannoni industriali e di quanto nella seconda occasione fosse grave che la loro morte sia stata provocata non dal sisma ma dal mancato blocco della produzione, individuando come causa il profitto, prima nella costruzione “low cost” dei capannoni e poi nella volontà, portata avanti anche col ricatto, di tenere aperti questi stabilimenti produttivi nonostante gli evidenti rischi. Ma poi stamattina la prima pagina di Repubblica che titola parlando in modo sensazionalistico di strage degli operai, mi ha fatto passare del tutto la voglia per cui non vado oltre queste poche righe e il titolo di quest’articolo lo dedico ad un bel libro di Alessandro Portelli che parla, anzi fa parlare Centocelle (nientemeno), il mio quartiere. Città di parole, questo è il titolo del libro, è infatti, come si ricorda in copertina, la storia orale di una periferia romana, scritto, tra l’altro con la collaborazione di un’amica e compagna, Ulrike Viccaro, che proprio di storia urbana orale si occupa (da leggere anche il suo Storia di Borgata Gordiani. Dal fascismo agli anni del “boom”, Milano, Franco Angeli, 2007). Il libro è strutturato in capitoli che affrontano singolarmente alcune tematiche specifiche come l’immigrazione, la composizione sociale, il lavoro, la scuola, la resistenza, lo svilppo edilizio e demografico, i movimenti degli anni settanta, seguendo grosso modo una linea cronologica che dagli albori della nascita del quartiere arriva fino ai giorni della pubblicazione del libro nel 2006. Tutti gli elementi che ho citato e molti altri ancori sono ricostruiti attraverso il montaggio delle testimonianze orali di decine di abitanti del quartiere che, pescando nel mare della loro memoria, ci restituiscono il vivido dipinto di un quartiere proletario e indomito, laborioso e combattente, che, come è noto, insieme ad altre zone del quadrante sud-est di Roma, si liberò dal nazi-fascismo prima del resto della capitale. Un quartiere popolare e solidale caratterizzato, oltre che dalla storica opposizione agli occupanti e al regime negli anni della Resistenza, anche da numerose lotte operaie, come quella della Milatex, dai movimenti di lotta per la casa e dalla famosa e oggi più che mai attuale oltre che, si spera, riproducibile, opposizione agli aumenti del costo dei trasporti quando in questa zona c’era solo il trenino, che c’è tutt’ora con la tratta Roma-Pantano, che al tempo era chiamato “dei vicinali”. Il ritratto di quella vecchia Centocelle, avanzando sulla linea cronoligica che arriva fino ai nostri giorni, diviene meno romantico, assecondando da una parte la realtà dei fatti, che sicuramente vede un peggioramento oggettivo delle condizioni di solidarietà e delle relazioni umane all’interno del territorio cittadino in generale, dall’altra seguendo la naturale dinamica che ci permette in ogni caso di guardare al passato remoto delle nostre vite con maggiore dolcezza e una vena inevitabile di nostalgia. Un libro da leggere per chi oggi vive questa parte di Roma, perchè la memoria storica non può essere composta e ricercata solo nei grandi fatti storici, ma anzi deve trovare le sue radici proprio nelle piccole storie di chi ha vissuto prima di noi i territori in cui oggi ci troviamo a vivere. Niente meglio di questo ci può far sentire secondo me l’orgoglio di essere oggi proletari e romani… de centocelle.