Io vivo a Centocelle, ci sono nato a Centocelle e sono più orgoglioso io di essere di Centocelle di quanto possano essere orgogliosi Jay-z ,Tyson, Spike Lee e Michael Jordan messi insieme di essere di Bedford-Stuyvesant nel borough di Brooklyn a New York City. Questo tanto per essere chiari. E soprattutto per chiarire come mai io mi trovassi al Broadway quel maledetto mercoledì sera (“al” e non “a” che è molto diverso). Per chi non lo sapesse (poveri voi) il Broadway è il cinema del mio quartiere, ovviamente l’unico, dove io ho visto il primo film della mia vita ed anche l’ultimo, spero non in via definitiva. La storia del cinema Broadway, come la storia di ogni cinema di periferia, è fatta di momenti di fulgido splendore che si alternano ad anni di bieco degrado. Ma chi vive anche solo un attimo del fulgido splendore di cui parlo può trascorre il resto della propria esistenza nella palude della mediocrità rimembrando i suoi gloriosi trascorsi. Proprio come fa il Broadway, e proprio come faccio io che da lui ho imparato tanto. La prima volta che ci misi piede avrò avuto 6 anni; mi portarono a vedere la carica dei 101 che veniva riproposto dopo non so quanti anni dalla sua uscita. Eravamo a metà degli anni ’80 e se il Broadway faceva così schifo non era certo colpa sua. Già perché in quel periodo a Centocelle le “infrastrutture” lasciavano tutte un po’ a desiderare e si limitavano a spacciatori di eroina scadente, qualche bar del tipo che potete immaginare da soli avendo letto RanXerox (l’avete fatto vero?) e le fontanelle, molte molte fontanelle. Quindi il cinema, per essere intonato al resto, doveva spingere film scadenti in un contesto degradato esattamente come un pusher che aspetta i tossici appoggiato alla fontanella all’angolo. Ed è quello che il Broadway faceva allora e fa ancora oggi. Dopo la mia prima volta al cinema, il Broadway diventò per diversi anni un cinema a luci rosse. Durante questi lunghi anni fui costretto a passarci davanti per arrivare alla mia scuola elementare in Piazza dei Mirti, questo alterò in modo profondo la mia indole fino ad allora così delicata, indurendola, per così dire, e rovinò per sempre il mio rapporto con l’altro sesso. Quella scritta “vietato ai minori di 18 anni” fu il principale acceleratore di crescita della mia infanzia, ma proprio quando l’arrivo in doppia cifra mi diede l’illusione di aver quasi raggiunto il traguardo che mi avrebbe dato la possibilità di varcare quella soglia magica e proibita, il cinema venne scelleratamente chiuso e lasciato nel più totale abbandono, tanto che dall’esterno potevi vederlo putrefarsi attraverso le maglie metalliche delle serrande. Fin quando un bel giorno quel grand’uomo di Vittorio Cecchi Gori decise di riportarlo in vita e regalarlo nuovamente alla popolazione di Centocelle. Sarò per sempre grato a Cecchi Gori, per il Broadway e per aver mandato in B la Fiorentina. Grazie grazie e ancora grazie. In quegli anni ero nel pieno dell’adolescenza, al centro del mio piccolo mondo di liceale di periferia in cui tutto era in ordine, il doppio taglio e il bomber ghiaccio convivevano pacificamente con la A anarchica e la falce&martello che campeggiavano sul mio zaino seven che ancora custodisco gelosamente, grande era la confusione sotto il cielo, la situazione era quindi eccellente. Il mio ritorno al Broadway fu nel ’95 e fu bellissimo. Totalmente ristrutturato dopo gli anni di inattività e diviso in tre minisale secondo la moda del momento, il locale puzzava di plastica nuova e di pop-corn unti di burro. La puzza dell’America era arrivata fino a Centocelle e fu proprio in quest’atmosfera patinata e kitsch che vidi Four rooms con altri tre miei compagni di classe. Fummo gli unici avventori per quello spettacolo! Fare quel tipo di esperienza a quindici anni equivarrebbe adesso ad essere lo skipper di una barca a vela che porta Salma Hayek, Jessica Alba e Devon Aoki in un’infinita crociera intorno al mondo. Facemmo tutto ciò che ritenemmo necessario. Ogni divertente idiozia che può essere partorita da una mente non ancora totalmente monopolizzata dal sesso. In quel periodo infatti, la donna era ancora quell’”oscuro oggetto del desiderio” che se per me fosse rimasto tale ora avrei la mia cattedra di geopolitica alla London School of Economics e invece…
Da quel giorno ho visto un’infinità di film al Broadway, salvo poche eccezioni tutti film orribili; un grande classico era il film dei Vanzina il giorno di Natale! Storcete pure il naso voi benpensanti radical-chic, peggio per voi che non saprete mai cosa vuol dire star in piedi in una sala stracolma di gente che grida e insulta gli attori come fossimo nel 1330 davanti ad una di quelle compagnie teatrali che giravano l’Italia di villaggio in villaggio recitando a braccio la parodia della corte locale. Eh già! Che risate! E non certo per le battute di Boldi e De Sica. Che ciurma insubordinata era la popolazione di quella sala e che spettacolo vederla all’arrembaggio! Ma arriviamo a mercoledì scorso. Non potevo non andare a vederlo: Batman il ritorno del cavaliere oscuro è stato lanciato con quel tipo di marketing di cui io sono il target ideale. L’atmosfera nella sala del cinema era tipo volo intercontinentale dentro un boing 767 pieno di arabi con la barba lunga e dei rigonfiamenti sospetti sotto la tunica. Le luci erano ancora accese quando un ciccione pensò di rompere quel clima di tensione rovinando a terra esattamente al centro della sala e rovesciando la sua coca gigante sui piedi di mia sorella. Dietro di me avevo due rumeni. Gli unici che risero per la figura di merda del ciccione, gli unici che non fecero finta di guardare l’ora sul telefono. I due rumeni avevano un borsone. Dentro al borsone avevano un arsenale, un arsenale di superalcolici. Ed erano già ubriachi all’inizio del film. Quanto avrei voluto fossero armi. Tutto sarebbe finito molto prima. E invece no! Due ore e quarantaquattro minuti di film con due ubriachi molesti che commentavano ogni scena nella loro lingua. Proprio questo fu il mio problema: dopo dieci anni de cantiere io la loro lingua la capisco. E posso sostenere che questi due erano molto più razzisti di quanto voi stiate pensando ora che lo sia io. E comunque io non sono razzista, sono intollerante che è ben diverso. In diverse occasioni ho odiato bambini italianissimi (il superlativo significa: non italiani come Balotelli) fino a farmi uscire l’herpes. Per me non è una questione di razza. È molto più semplice. Mi stai rompendo i coglioni o no. E giuro che non me ne frega un cazzo da dove ce sei venuto! Ma l’importante è riuscire a trarre insegnamento da ogni esperienza: io cerco di farlo sempre e ora so che non andrò mai più al cinema senza la mia borsa personale di superalcolici. E sò che la dovrò riempiare di robba particolarmente forte forte se il film in questione è un altro Batman di Christopher Nolan. Già, perché se come ho già detto, non sono convinto che ci sia qualche servizio d’intelligence occidentale dietro le pussy-riot, così sono sicuro che i film di Hollywood nascano tutti in una stanza del Pentagono piena di esuli cubani a cui Fidel ha imprigionato un cugino omosessuale e di cambogiani a cui Pol Pot aveva ucciso il fratello con gli occhiali. Tutti supervisionati da bravi ragazzi bianchi tipo quelli di Jersey shore, essi riversano il loro anticomunismo viscerale in sceneggiature cinematografiche ricevendo in cambio dalla patria delle opportunità ben tre dollari l’ora.
Non mi identificavo così tanto con l’antagonista da quando tifavo i Muppet di Mark Lenders, prima che quel bastardo andasse alla Juve. Batman è un collaboratore delle guardie che so tutte bravissime persone mentre il cattivo è un tipo grosso e rasato con una mascherina tipo pitbull messicano e un montone con il collo alzato che gli sta da Dio. In più quest’uomo ha un’idea. Uccidere tutti. Indistintamente. Mentre Batman è pure confuso. Si chiede: me faccio i cazzi mia o me butto in mezzo? Chi si salva è invece Cat-woman e non solo per come guida la moto. La ragazza ha carattere, il suo personaggio deve averlo curato una ex agente del Kgb, ora perseguitata da Putin, ispirandosi a se stessa. No fair play per tutta la partita anche se a fine gara mi cala andando a stringere la mano a quell’infame de Batman. Nel gran finale c’è la battaglia campale tra guardie e cittadinanza. E’ esattamente quello di cui parlano i dossier N.A.T.O. sugli scenari di guerriglia urbana previsti intorno al 2020. Loro sanno già il posto e l’ora. Noi stiamo ancora a vedesse Batman.